La montagna

Che si vede da lassù?

Il Quinto Pezzo
6 min readJul 30, 2023
Sass dla Crusc — foto Ilquintopezzo
Sass dla Crusc — foto Ilquintopezzo

In un’ampia radura tra le ultime conifere ed i primi pascoli alti, in vista degli avancorpi rocciosi, viveva un ragazzo in una casa come quelle che si vedono in montagna, con le mura di pietra ed il tetto di legno. Il ragazzo viveva del suo lavoro di pastore e di contadino ed a qualche passante o amico che glielo chiedeva rispondeva che sì, gli piaceva pure. Di certo era un lavoro duro, che a fine giornata gli lasciava poche energie e poco tempo. Fatto sta però che durante le rare pause dalla fatica, mentre riposava a mezzodì sotto un albero o aspettava che bollisse l’acqua per la cena, guardava in alto verso la più alta guglia rocciosa che spuntava candida sopra i boschi, i pascoli ed i ghiaioni. A quella presenza non si era mai del tutto abituato; era come se stesse lì e osservasse tutto quello che faceva. Gira che ti rigira, pensa e ripensa, il ragazzo si mise in testa che voleva andare lassù, in cima, per vedere com’era.

Avendo così deciso, una sera, avendo faticato più del solito per lasciarsi la giornata seguente libera, preparò il sacco con borraccia, pane, formaggio e un vecchio golf di lana che non metteva da un po’. Le scarpe, si disse, andavano bene quelle con cui lavorava tutti i giorni. Dopo cena quindi si coricò presto, felice ed ansioso allo stesso tempo. Al mattino si mosse di buon’ora, prima che il gallo cantasse, e con passo svelto si diresse verso i ripidi prati a monte della casa. Ma, percorsi che pochi passi, si accorse che il recinto della fattoria aveva un asse sbilenco e accidenti a contarle tutte, mancava una pecora! Quale pastore lascia il suo bestiame (o parte di esso) in un simile frangente? Posato il sacco si mise subito all’opera per riparare lo steccato e solo dopo molte ricerche riuscì anche a recuperare la pecora perduta. A lavoro finito il sole era già alto, troppo tardi per avventurarsi tra le crode. Sconsolato si sedette a mangiare il pane e formaggio, dicendosi che avrebbe ritentato la settimana successiva.

E così fu. Fatti i preparativi andò a dormire presto come la volta prima. Ma durante la notte un temporale in piena regola venne a sconquassare la valle ed i pascoli. Al mattino si rese quindi necessario mettere subito mano al tetto e ad una finestra danneggiata, riordinare i covoni, controllare il bestiame ed il piccolo orto. Anche quella giornata passò in mille faccende e la salita dovette aspettare ancora.

Qualche tempo dopo, alcuni inconvenienti lo fecero ritardare sulla raccolta del fieno. Per rispettare i tempi dovette quindi impiegare anche i due giorni che aveva tenuto liberi per salire in cima alla montagna. Anche questa volta nulla di fatto.

Ma il ragazzo non si diede per vinto e finalmente arrivò l’ultima sera d’estate. Limpida e fresca, lo vide coricarsi presto, felice e ansioso, con lo zaino e le scarpe pronte sull’uscio. Ma al mattino uscito di casa non si vedeva intorno che di qualche metro per via delle nuvole basse. Deciso a portare a termine il suo progetto, puntò deciso in salita su quei prati che conosceva così bene. Per un po’ sembrò che nonostante la pessima visibilità si potesse continuare e lui stesso sperava che prima o poi sarebbe salito più in alto di quelle nuvolacce. Arrivato però ai primi massi erratici, che segnavano l’inizio dei ghiaioni e dell’alta montagna, l’aria si riempì di rombi, schiocchi ed elettricità. Spaventato e con i capelli ritti, il ragazzo rivolse le spalle al monte e tornò di corsa al riparo della sua casa. Pochi giorni dopo guardava dalla finestra della cucina i primi fiocchi di neve cadere sul davanzale: l’inverno era arrivato.

Gli anni passavano e le attività alla fattoria lo tenevano ben impegnato. Inoltre, ogni volta che si decideva a partire qualcosa accadeva e lo teneva bloccato: la visita di un amico o di un compratore dalla valle, un albero caduto da rimuovere, la legna da fare per l’inverno, una commissione in paese, il brutto tempo o semplicemente la fatica accumulata.

Sinceramente, pensava, questa storia inizia a farmi arrabbiare davvero. Maledetta montagna, cosa ho fatto di sbagliato? Così se ne stava rimuginando, un pomeriggio d’inizio autunno, tirando calci a dei rami secchi che aveva impilato con tanta fatica, quando rimase con la bocca aperta ed un calcio a mezz’aria. Una ragazza infatti arrivava salendo dal sentiero di valle, una cesta vuota in mano e i capelli castani legati in una lunga treccia. La montagna e la salita sparirono, inutile dirlo, all’istante dalla mente del pastorello che si ricompose e subito corse ad accogliere la ragazza che era salita per fare scorta di uova e formaggio.

L’anno seguente il campanile del paese suonava a festa: il pastorello e la ragazza convolavano a nozze tra ghirlande di fiori e pioggia di riso.

Per qualche tempo il ragazzo, ormai uomo possiamo dirlo, fu indaffarato con la nuova vita familiare: sistemare la casa per la moglie e per il piccolo nascituro, organizzare la produzione ed allargare il giro d’affari per poter provvedere alla famiglia. Ma nella testa, ogni quando si appoggiava al rastrello per riposare o mentre fumava la pipa sulla soglia di casa, rimaneva ancora quel desiderio di vedere le cose da lassù. Con nessuno ne parlava, di quel pensiero fisso, né con gli amici né con la moglie. Mise anche in atto altri tentativi di salita, ma per un motivo o per un altro ogni volta gli toccava rinunciare.

Finché un giorno, venne alla luce il suo secondo figlio, una bambina per l’esattezza, e la fattoria non fu più grande a sufficienza per tutti. Iniziarono così i lavori di ampliamento: mentre la moglie lo aiutava con raccolti e mungiture, con il supporto di alcuni amici costruiva un nuovo annesso alla casa di pietra con il tetto di legno.

Ora la fattoria era più grande e più accogliente; i bambini crescevano correndo tra i pascoli e giocando con gli animali e non di rado li aiutavano con le piccole faccende; gli amici dalla valle, salivano volentieri a trovarli e si trattenevano per grandi cene sotto le stelle o davanti al caminetto; gli affari andavano bene, il lavoro era ben avviato. Il figlio maggiore, prese anche una casa non molto lontano, per rimanere ad aiutare mentre la figlia più piccola partì per andare in città a studiare. Al paese cambiavano i sindaci e qualcuno litigava per i confini dei campi coltivati. Le stagioni come sempre si succedevano, uguali e uniche allo stesso tempo. Ma in cima alla montagna, no, ancora non era riuscito a salire. Ad essere sincero il ragazzo lo sentiva che quell’ossessione era ormai innocua. Quel fuoco che lo animava all’inizio andava affievolendosi, come le sue energie, concentrate solo sulle faccende della vita quotidiana.

Ma infine arrivò: una notte di fine estate, il ragazzo — dalla barba bianca — si svegliò di colpo. Alzatosi dal letto senza disturbare la moglie, dalla finestra della cucina osservò le costellazioni tramontare dietro le cime degli alberi. Tutto sembrava in quel momento così chiaro. Né acqua, né zaino, né pane, né formaggio. Indossati i calzoni e le scarpe da lavoro, diede un bacio ai nipotini nella stanza accanto e infilò la porta d’ingresso senza che nessuno se ne accorgesse. La notte era limpida e fresca, come la prima volta che aveva tentato la salita. Alla luce della luna si avviò su per i prati, verso i ghiaioni. Ben presto superò i massi erratici e continuò per i canaloni ghiaiosi. Era come se conoscesse la strada, pur non avendola mai fatta. Neppure sentiva la fatica o il sudore.

Arrivato ad un intaglio roccioso che affacciava sul versante opposto, si trovò alle spalle la luna e dinnanzi il sole che stava sorgendo. Da lì quindi proseguì arrampicando tra la luce e le tenebre, lungo il filo della cresta. La roccia era solida e offriva sempre il giusto appoggio o appiglio quando ne cercava uno. Con crescente emozione osservò la cresta coricarsi sempre di più, fino a sparire del tutto contro il cielo e sotto i suoi piedi: era in cima!

Si sedette quindi con le gambe a penzoloni nel vuoto, sopra la fattoria e sopra la valle ancora addormentata. Adesso da lassù vedeva: vedeva bene la famiglia, gli amici, tutte le persone che avevano apprezzato il suo lavoro, tutte le persone a cui sarebbe mancato e che lo avrebbero ricordato. Solo da lassù riusciva a vedere tutte queste cose che diventavano sempre più lontane ma sempre più evidenti.

Solo da lassù, accidenti, adesso capiva.

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